Contrappassi danteschi
CONTRAPPASSI DANTESCHI A MEDICINA
Federico Branchetti / Annachiara Failla / Nicolas Garelli / Dragoni Russo / Fabrizio Rivola – Petar Stanovic
A cura di Annalisa Cattani e Enrico Caprara
Chiesa della Salute, via Cavallotti, Medicina (BO)
fino a domenica 3 ottobre – sabato e domenica 10-12, 15-18 (ingresso con Green Pass)È degna di un semionauta, di un navigatore del senso la coincidenza di trovarsi dentro alla Chiesa della Salute di Medicina, per riabitare, con questo percorso di ricerca che si intreccia con l’arte contemporanea, il ventottesimo Canto di Dante sulla separazione, sulle ferite e le divisioni.
Nel canto ventottesimo dell’Inferno di Dante Alighieri ci troviamo nella nona bolgia dell’ottavo cerchio, dove sono puniti i seminatori di discordie.
Si tratta di un canto molto affollato ricco di personaggi e sentimenti diversi. Si apre con la constatazione che la condizione raccapricciante e sanguinosa che essi videro era così forte e orribile da non trovare parole per essere descritta:
“Chi poria mai pur con parole sciolte dicer del sangue e de le piaghe a pieno ch’i’ ora vidi, per narrar più volte?
Ogne lingua per certo verria meno per lo nostro sermone e per la mente c’hanno a tanto comprender poco seno”.
Ed è qui che inizia il percorso di trasduzione visiva del contrappasso, con l’istallazione sonora di Annachiara Failla, con il video di Nicolas Garelli, con la performance video-sonora di Fabrizio Rivola e Petar Stanovic, con l’installazione di Dragoni-Russo, con la scultura di Federico Branchetti.
In questo percorso che trasmuta tempi, luoghi emozioni e sentimenti, resta però forte la vitalità dei testi che si intrecciano, svelando l’eterna contemporaneità di Dante e l’universalità del sentire dilatato fino al contemporaneo, accompagnandoci in una palestra di segni e sensazioni che coinvolgono mente e corpo ricongiungendoci fisicamente e idealmente, dopo questo periodo di lungo isolamento con la percezione del rimettere insieme, e prendersi cura delle ferite.
LA COLLEZIONE FRANCO FARINA. Arte e Avanguardia a Ferrara 1963-1993
Organizzatori
Fondazione Ferrara Arte e Gallerie d’Arte Moderna e Contemporanea in collaborazione con l’Università degli Studi di Ferrara
A cura di
Maria Luisa Pacelli, Ada Patrizia Fiorillo, Chiara Vorrasi, Lorenza Roversi, Massimo Marchetti
«Se un giorno si farà la storia delle attività espositive in Italia, nell’ambito dell’ente pubblico e relativamente all’arte contemporanea, un capitolo di essa dovrà riguardare Franco Farina, forse il caso più perspicuo nel corso degli anni Settanta». A scriverlo, nel lontano 1993, è Renato Barilli, testimone di prima mano del lavoro che andava svolgendo il “Maestro Farina” a Palazzo dei Diamanti e alla Civica Galleria di Arte Moderna di Ferrara.
Dal 1963 al 1993, trentennio della sua direzione, la città è diventata un punto di riferimento per l’arte contemporanea. Nelle sue sedi museali sono transitati, tra gli altri, Warhol, Rauschenberg, Schifano, Vedova, i videoartisti e tanta parte della critica nazionale e internazionale. In pochi anni, come per incanto, l’antica capitale estense si risvegliava effervescente e vivace, affermandosi sulla mappa del contemporaneo accanto a poli ben più grandi e importanti. In questi decenni sono stati organizzati quasi 1.000 eventi, frutto di un preciso progetto culturale, fitto di incontri, relazioni, prospettive. È in questi anni che i Diamanti si impongono in Italia come la sede privilegiata di grandi mostre capaci di attrarre tanto il vasto pubblico, quanto i fruitori abituali del mondo dell’arte e gli addetti ai lavori.
Del fermento di quel tempo è certamente testimonianza la raccolta appartenuta a Franco Farina, scomparso nel 2018. Dando seguito alla sua volontà, Lola Bonora, sua erede e storica direttrice del Centro Video Arte, ha donato al Comune di Ferrara e alle Gallerie d’Arte Moderna e Contemporanea un ampio nucleo di opere che vanno ad arricchire le civiche collezioni di un valore che è al tempo stesso artistico e memoriale.
Dal prossimo 21 dicembre al 15 marzo 2020, un’ampia selezione della donazione verrà presentata al pubblico in dialogo con opere delle Gallerie. Il duplice intento dell’esposizione è restituire uno spaccato organico del panorama culturale e del fermento creativo cittadino di quegli anni e, parallelamente, raccontare la raccolta privata in relazione all’attività di promozione artistica svolta da Farina.
Si tratta di un articolato tracciato espositivo che, dagli studi e dalle opere su carta di maestri del Novecento come Carlo Carrà e Giorgio de Chirico, muove verso lo spazialismo di Lucio Fontana, l’informale di Emilio Vedova, il New Dada di Robert Rauschenberg, il Nouveau Réalisme e la pop art di Mimmo Rotella e Mario Schifano fino alle sperimentazioni cinetiche di Getulio Alviani e Gianni Colombo.
Il racconto della mostra ripercorre cronologicamente quella stagione espositiva, rileggendo alcuni tra i principali eventi allora promossi alla luce di preziosi e inediti materiali d’archivio. Casi esemplari sono la storica esposizione I pittori italiani dopo il Novecento, che riunisce i protagonisti del dibattito tra arte figurativa e astratta degli anni Cinquanta, o la memorabile prima assoluta di Ladies and gentlemen di Andy Warhol. Ad arricchire la narrazione figureranno manifesti, video e una documentazione fotografica delle mostre, oltre alla corrispondenza tra il direttore e artisti, intellettuali – tra i quali, Franco Solmi, Maurizio Calvesi, Janus o Arturo Carlo Quintavalle – e importanti realtà culturali, quali la Sonnabend Gallery di New York, il Cavallino di Venezia e la galleria Schwarz di Milano.
Infine, il reenactment di due rassegne degli anni Settanta – Omaggio all’Ariosto e Diversi aspetti dell’arte esatta – porrà in risalto alcune peculiarità del programma culturale di Farina, quali la volontà di testimoniare le tendenze contemporanee senza rinunciare a ripensare alla tradizione e l’attenzione al ruolo didattico e formativo dell’istituzione museale: «è una “galleria aperta” – dirà il maestro nel 1976 – uno dei pochi esempi nella nazione. Non possiamo rinunciare al compito di creare negli anni un pubblico consapevole, maturo e informato».
Martin Puryear - Liberty/Libertà
Martin Puryear
Liberty/Libertà
a cura di Brooke Kamin Rapaport
Padiglione degli Stati Uniti – 58° Biennale di Venezia
L'opera di Martin Puryear, l'artista ospitato dal padiglione degli Stati Uniti alla Biennale di quest'anno, non è particolarmente nota in Italia, se non da chi abbia potuto apprezzare le due grandi sculture in legno presenti nella collezione di Villa Panza di Biumo. Ciononostante si tratta di un protagonsita della scena artsitica americana celebrato da una retrospettiva al Moma di New York nel 2007, momento culminante di una carriera iniziata alla fine degli anni Sessanta all'insegna del minimalismo. Quello che caratterizza la ricerca di questo artista è una qualità artigianale nella scelta e nel trattamento dei materiali che fa sì che quella matrice, ancora chiaramente riconoscibile, assuma un singolare carattere per così dire “tradizionale” che ne emenda la freddezza e l'impersonalità.
La mostra, intitolata “Liberty/Libertà”, in effetti è solo l'ultimo frutto della lunga frequentazione che Puryear intrattiene con la storia del proprio paese e le connesse vicende politiche e sociali, quanto di più lontano dalle istanze “oggettive” della corrente minimalista.
L'architettura neoclassica del padiglione, considerata come espressione della discendenza dei principi costituzionali americani dall'antica repubblica di Roma, è in buona parte censurata da un'enorme grata il cui disegno non è altro che la proiezione di una cupola vista dal basso, come quella che corona l'edificio stesso. Questa raffigurazione è sostenuta però, dietro le quinte, da una minacciosa coda serpentina, indizio che ci prepara a una critica nei confronti delle promesse di stampo illuminista. Una volta entrati nel padiglione, la maggior parte delle sculture che campeggiano nelle sale interpreta il motivo del berretto tradizionale dove la quotidianità spesso si è caricata di significati politici e spirituali, ancora una volta all'insegna della libertà e del progresso. Tra le pieghe di queste forme però, sembra suggerirci l'artista, si celano anche i fantasmi della corruzione degli ideali che esse veicolano. Il percorso inizia con un solido berretto frigio, quello che contraddistingueva i rivoluzionari francesi, poi le forme successive si rivelano sempre più problematiche e ingegnose nella loro struttura, fino ad arrivare a un kepi militare della guerra civile americana, che rivela al suo interno la sagoma di un antico cannone. All'osservatore curioso il cannone si mostra come l'iride di un occhio, forse quello stesso oculo che campeggiava sulle nostre teste in cima alla cupola. Si potrebbe quasi sottotitolare: l'aspro esito di un mito occidentale.
Massimo Marchetti
CASA FRAGILE
Casa Fragile
LIUBA, Laure Keyrouz, Amanda McGregor, Fabrizio Rivola, Dragoni Russo, Simoncini Tangi
Centro d'arte Novella Guerra
Il giorno 31 marzo 2018 lo spazio di residenza e resistenza Novella Guerra ci ospita con una nuova mostra e breve residenza di alcuni artisti, curatori e amici.
Negli ultimi due anni Novella Guerra è stata un luogo e un progetto itinerante che ha promosso interventi di arte partecipata con “Quando un posto diventa un Luogo” così come incontri di approfondimento in cui si è riflettuto insieme sulla portata e sulle modalità di azione degli spazi indipendenti. (vedi Nesxt Torino a cura di Olga Gambari, in collaborazione con Maura Banfo)
Alla luce di queste esperienze nasce “Casa fragile”, più che una mostra si tratta di un racconto fatto di persone, e lavori che raccontano persone e legami e si fanno capitoli di un ulteriore racconto in cui i pensieri dell’uno trovano continuità narrativa nel lavoro dell’altro.
Nasce dal bisogno di ripartire da qui, da questa campagna, da questi luoghi un po’ appartati per ri-incontrarsi e fare il punto unendo quasi per caso, ma in realtà per prossimità e per modalità alcuni amici con cui da anni si collabora e si condividono ricerca e “contrattempi”. In effetti quando si lavora come spazi indipendenti-resistenti si lavora più di contrattempo e di contrappunto, perché ogni programmazione e definizione si contraddice con il luogo e i modi e il sistema che abbraccia o che si trova a dovere abbracciare.
L’intervento dell’artista libanese Laure Keyrouz, vedrà l’installazione di una casa di vetro sul prato, per contrassegnare l’inizio di un percorso di residenza che si concluderà tra alcuni mesi con la realizzazione di un progetto di arte partecipata in collaborazione con alcune classi delle scuole imolesi. Amanda Mc Gregor ci ha portato da Londra una piccola casa di carta da parati che invita a connettersi con un video da Londra, l’imolese Fabrizio Rivola interverrà con l’installazione “Non Finito” costituita da una cinquantina di tele dipinte negli ultimi anni, all’insegna di una ricerca che si nutre di slancio vitale e coazione a ripetere, LIUBA nel suo video tratto da "Refugees Welcome Projects" ,indaga sulla fragilità e sulla precarietà del rifugiato in arrivo, verso una dimora ignota desiderata e temuta al contempo, la coppia di artisti pratesi Simoncini Tangi infine ci porterà Sky-Light- un'installazione formata da -lanterne- luminose contenenti acqua, fiori e radici. Ogni oggetto e' sospeso con delle corde, i contenitori ruotano su se stessi e in questa ciclicità le forme ci raccontano dei flussi e dei turbini cui e' sottoposta la materie organica in immersione, raccontandoci la fragilità di un’ energia costantemente in divenire che tuttavia garantisce il vivere.
Adriana Torregrossa - Commonplace
Commonplace - Ruskin Gallery & Gallery 9, Cambridge (UK)
PLACE: Relinking, Relating, Relaying
An exhibition by artists from Italy, Slovenia, Bosnia & Herzegovina and Cambridge
25 January – 17 February 2018
a cura di Robert Good e Rebecca Ilett
www.adrianatorregrossa.com