Percorsi urbani di arte femminile
Stazione Ferroviaria di Trieste, fino al 23
Maggio 2013
In una esperienza di confronto un gruppo di
artiste, provenienti da svariate regioni italiane, si
incontrano in una città come Trieste per
costruire un ponte operativo dell'arte che collega le loro città native con il
mondo. Non c'è luogo più congeniale di una stazione ferroviaria dove iniziare
un percorso espositivo dal titolo impegnativo “ Donne Inquiete. Geografia e
Identità “. Donne di generazione, origine e formazione diverse, donne in
movimento, donne che arrivano, donne che partono e che nell'intervallo da uno
spostamento all'altro ci lasciano un ricordo codificato in arte. La dimensione
di questi ricordi è quella di raccontare la loro identità geografica attraverso
le forme, le tecniche e i contenuti che caratterizzano la produzione artistica
contemporanea. Il filo conduttore non è la loro appartenenza ad un sistema
dell'arte predominante, ma il tentativo di connettere delle pratiche
differenti, di costruire dei linguaggi comunicanti, di sperimentare nuovi
orizzonti di cambiamento culturale e politico, di trasformare attraverso atti
creativi, fare riconoscere l’arte attraverso la tradizione per arrivare
all'innovazione.
Alla Stazione Ferroviaria di Trieste dove
una parte del progetto rimarrà allestito fino al 23 maggio, il coinvolgimento,
a misura diversa, di tutte le parti tra il gestore della Stazione, Cento
Stazioni, e i negozianti, i committenti, gli enti pubblici, i turisti e i
cittadini, il parroco della Cappella e le artiste, implica un mettersi in
discussione in un contesto specifico per riflettere su di esso, per ricordare
il dimenticato come spesso l'origine, le radici della gente. Le artiste hanno
saputo ascoltare i luoghi difficili di passaggio e anche le persone passanti,
proponendo dei lavori molto diversi ma altrettanto accattivanti su piano
concettuale e formale.
Adriana Torregrossa, artista siciliana che vive e lavora a Trieste,
occupa una sequenza di vetrine vuote con un lavoro radicato nelle sue terre
catanesi e nel passato dei suoi genitori. Il suo progetto veste il colore dominante della segnaletica
della Stazione, un blu marittimo che funge da sfondo ad una scritta bianca :
sogna ( immagine in allegato) Qui si tratta di una pratica di intervento
orientata a cogliere una dimensione più articolata che coinvolge anche la vita
sociale, la qualità della vita, il vivere collettivo. Sotto il tetto di vetro
nella parte ristrutturata della stazione, la piccola piazzetta è spesso
popolata da persone bisognose che magari recentemente sono diventate vittime di
un impoverimento brusco e inaspettato. Le identità plurali che definiscono
sempre di più la società contemporanea, s'intrecciano di continuo e attivano una
riflessione su chi abita la città e chi è di passaggio. Il sogno di Adriana
Torregrossa resta li, percepibile, leggibile da tutte le prospettive della
stazione affinché qualcuno lo accolga,
lo coltivi, contribuisca a fare un passo in avanti verso una piccolissima
realizzazione personale. Il paradigma del sogno si ricollega anche alla vita
dei genitori dell'artista, al loro grande amore documentato nel libro“ Diario di due Cuori “ che contiene
le lettere d'amore dal 1949 al 1953.
Marisa Tumicelli, poetessa di Verona, proviene dalla generazione
delle maghe della parola come la sua amica del cuore Alda Merini. Il suo
relazionarsi con l'arte avviene tramite un capitolo della storia che
indissolubilmente è legata alla città di Verona : la storia di Giulietta
Capuleti.
Così, la vetrina di una copisteria, situata
all'inizio del tratto ristrutturato della Stazione, diventa palcoscenico per lo
scenario “ Le Lacrime di Giulietta”, realizzate con materiali di forte valore
simbolico, tra cui numerose gocce di vetro antico di Murano, e tulle bianche.
L'installazione è composta di filiere di gocce di vetro che nascondono nel loro
apparente splendore l'offrirsi di Giulietta all'amore senza riserve e la sua
disperazione più straziante che finisce con un gesto tragico decisivo. Quanta sofferenza e morte provochino gli odi e le
divisioni, nella Verona del Medioevo come nelle città del presente, ci può solo
raccontare una poetessa artista della sensibilità di Marisa Tumicelli.
E' una scommessa azzardata di voler scoprire quanti passanti si siano fermati
per riflettere sul senso che abita nelle cose. L'arte contemporanea non viene
solo presentata in una vetrina ma diventa anche soggetto dell'educazione :
chiunque passi davanti alle vetrine, può anche non vedere, rifiutare
l'insegnamento, negare l'esercizio di senso. Giulietta che piange rimpiange
anche ciò.
Di fronte a Giulietta, separata da un involucro
di negozi che danno sulla piazzetta coperta di vetro, risiede la “ Natività “
di Anna Maria Di Terlizzi, scultrice di Bari, nella Cappella quasi
nascosta della Stazione. Un lavoro monumentale in chiave contemporanea, tra
dipinto e scultura, allestito sulla
parete di sinistra, sorprende il visitatore sulla parete vicino
all'ingresso della piccola chiesa. Chi varca la soglia, approfitta
dell'occasione di appartarsi in uno spazio spirituale che esige silenzio e
rispetto, lontano dai rumori della quotidianità in Stazione. Sono numerose le
persone multietniche che cercano questa oasi consolante per affidarsi alla
Madonna con il bambino, grazie all'iniziativa del parroco che con coraggio
difende la coesistenza tra espressioni artistiche del passato e del presente.
Solo a seconda vista l'opera rivela i codici della contemporaneità che rendono
un tema ricorrente da Giotto a Caravaggio, cosi attuale : l'accento su un volto
scuro coperto da un velo, il bambino scolpito e
montato sulla tela dipinta. Anche qui, Anna Maria di Terlizzi va oltre la
raffigurazione di una Natività. In modo consueto, l'artista riunisce e fa
rivivere diversi momenti storici e
culturali, dalla Prestoria al Medioevo e alla contemporaneità. Ricordiamo in
questo contesto un'altra installazione
di Anna Maria Di Terlizzi che ha dato il nome al progetto complessivo allestito
a Trieste, dodici “Donne Inquiete” scolpite, che, nel loro insieme, rappresentano l'immaginario della
donna in cammino, della donna che si mette in viaggio. Geograficamente.
Psicologicamente. Intellettualmente. Un viaggio il cui percorso è aperto e che
concede perdersi, voltare le spalle al passato e abbandonare le proprie
sicurezze. Come donna e artista contemporanea, Anna Maria Di Terlizzi è
comunque rimasta fedele alle suggestioni provenienti
dal fecondo suolo pugliese che si intersecano con respiri mediterranei, aneliti
africani e memorie orientali.
La farmacia adiacente alla Cappella,
con le sue vetrine abbondanti di suggerimenti per il benessere, ma anche per la
bellezza, ha dato spazio a Leda Martari, pittrice veneta, i cui dipinti
ravvivano il desiderio frequente dell'uomo di cercare un raggio di luce
nell'armonia della natura, nei giardini, nel paesaggio. Poiché il termine “
farmacia” ha assunto, nel tempo, anche
altre valenze diversificate di apertura nel settore, la presenza del prisma
cromatico acceso di Leda Martari in vetrina è un fattore consolidante per chi
magari, per un momento, tra un viaggio e un altro, non si sente in forma, lo
distrae dal dolore, lo porta via in un'atmosfera più allegra verso nuovi
stimoli ricostituenti. Le rive del Garda si trasformano in “ bagliori dorati e
riflessi argentei fra azzurri di cielo e acque “, come scrive la poetessa
Marisa Tumicelli, l'Arena di Verona
invece offre “ una lettura di pietre, l'ossigeno consumato dei secoli".
La sua pittura spesso
serve da veicolo alle memorie collettive, associate a geografie comuni, a dei
luoghi e ad altre immagini uscite dal quotidiano e dai suoi ricordi.
Inabissando il tempo e lo spazio, crea delle sinfonie cromatiche che toccano
immediatamente il nostro immaginario collettivo ed il sistema sensoriale di
percezione. Così i due dipinti “ Colori
dentro suoni “ che nascono dall'interpretazione di una sinfonia di violino del
Vivaldi, convertendo la composizione
musicale in pittura, note che diventano petali, sempre più intensi sulla via graduale della
dissoluzione formale.
Nell'arte pubblica,
affermano in molti, la committenza viene dal basso, il che rovescia i rapporti
di potere. Il progetto di vita che la pubblicità in generale propone è il più
seduttivo possibile. Di conseguenza, l'identità personale è sempre più legata
la consumo. Non si tratta più di ricezione critica da parte del fruitore, di un
atto pedagogico di conoscenza, ma di utilità nel processo di auto-conferma.
Antonia Trevisan, artista di Vicenza,
non ha temuto di proporre le sue opere al Bricco Café, il primo bar che il
viaggiatore raggiunge dopo il suo arrivo in stazione. Le grandi vetrate che
racchiudono un ampio spazio di ristoro, aperto al grande pubblico di passaggio
giornaliero, non hanno mai accolto delle opere d'arte. Potrebbe diventare una
nuova domanda sociale di rinunciare ai programmi televisivi di basso livello e
di audio massacrante nei luoghi di massa e di sostituire i monitor ogni tanto
con opere d'arte che, di primo impatto, tacciono. Parlano col tempo, come le
visioni raffinate di Antonia Trevisan che s'impongono allo sguardo con tenacia
per rimanere ancora dopo le immagini digitali dell'effimero, cappuccino e café,
accostate alla sua arte. Interprete eccelsa della sua regione nativa, l'artista riporta nelle sue incisioni dei
misteriosi paesaggi lagunari che si fondono con cieli pallidi, che alludono
alla patria dei sogni che comunque esiste al di là dell'orizzonte. Nella sua
evoluzione artistica e umana Antonia Trevisan ha raggiunto un traguardo
importante che viene impreziosito dalle sue stesse parole :” dipingere è
insieme ritrovamento e sottrazione; è stendere il segno di questo passaggio, di
questi contrasti, per ricordarmi ogni attimo quanto sono meravigliosamente
viva.”
E' solo dando fiducia a
questo nuovo approccio di guardare l'arte che può iniziare un nuovo modo di
frequentazione di luoghi pubblici e di confronto con il complesso intreccio dei
rapporti che vi si articolano. Una stazione ferroviaria viva e attiva è anche
un luogo delle contraddizioni che richiede maggiore responsabilità di chi ci
transita e di chi ne ha bisogno. Esporre in un luogo in cui domina la velocità,
la precarietà, la flessibilità e la varietà, s'intende come lezione particolare
dello sguardo affinché stimoli la nostra mente.